E’ domenica e il garmin segna le sette del mattino. Oggi, stranamente, sono fuori dalla tana con dieci minuti d'anticipo, un lusso che mi permetto di soddisfare con un caffè lungo al bar, visto che mia moglie non ha provveduto a riassortire le sacre cialde. Entro nel bar sotto casa, un rudere di vecchia tradizione, dove chiedo alla signora di tirarmi fuori un caffè lungo da portar via, che ho voglia di sorseggiarlo accovacciato sul muretto, mentre l'aria fresca tenta invano di risvegliare i miei sensi.
Per fortuna, abito proprio ai margini del mare, tra le correnti turistiche di questa selvaggia città sospesa tra il vuoto e il nulla. Un'attrazione irresistibile per qualsiasi essere umano che si pavoneggia in un paio di scarpe da ginnastica. E mentre mi sbrano questo caffè, in attesa che Donato mi raccolga per un altro dei nostri martiri fisici da 25km, osservo il brulicare dei runners che sfreccia davanti ai miei occhi, come se avessero un appuntamento col diavolo in persona.
Ci sono due cose che mi fanno bollire il sangue nelle vene:
La prima riguarda la fottuta mania delle persone di correre con scarpe da gara, tutte cariche di quel dannato carbonio. Ma a cosa serve tutto sto fronzolo? Non capite niente di scarpe, né di corsa. Basterebbe leggere qualche riga per capire cosa indossate, ma no, continuate pure ad andare dietro al colore e alla pubblicità. Ma andate al diavolo, davvero.
La seconda è questa maledetta abitudine della gente di correre per strada anziché sul marciapiede. Non riesco proprio a capire quale cacchio di motivo ci sia dietro a questa follia. Giuro, è anni che osservo questa scena e non riesco a trovare una spiegazione logica, specialmente quando si corre su un tratto di strada come il lungomare di Bari, dove le macchine sfrecciano come se fossero in pista.
Tempo fa ho osato commentare un post di un presunto allenatore che, con il suo allegro gruppo di deficienti, occupava l'intera carreggiata per correre insieme felici e contenti.
Apriti cielo, il cazzone mi risponde che non è salutare salire e scendere i marciapiedi lungo il percorso. Ma ditemi voi, uno che ti sputa fuori 'sta roba, è normale?
Da quando ho cominciato a correre, non ho mai corso per strada. Io, salgo e scendo quei maledetti marciapiedi, è diventato un gioco per me. Devo calcolare ogni passo, ogni appoggio, l'atterraggio, ogni singola fase della corsa, a seconda delle velocità che mi ritrovo a percorrere.
Per la cronaca, 'sto deficiente è uno di quelli che spende un patrimonio in scarpe con quella maledetta piastra di carbonio, e poi si permette di dare consigli.
Beh, scatto una foto a un pazzo che corre in mezzo alla strada contromano (soggetto che conosco benissimo), e nel frattempo arriva Donato. L'allenamento va benissimo, siamo a due settimane dalla maratona e tutto quello che vogliamo è riposare un po'. Nonostante la pigrizia iniziale, le gambe girano abbastanza bene e il medio di 20km nelle campagne di Modugno viene decente.
Dopo l’allenamento arriva il momento clou della mattinata: la nostra tanto amata colazione in compagnia di Garmin Connect e Strava. Tra un sorso di caffè e un morso al cornetto ai cereali, c'è sempre qualcosa da imparare da quel vecchio saggio di Donato. È come un mago della tecnologia, conosce tutto di quel fottuto Garmin e riesce persino a calcolare quanti litri di piscio deve fare prima di andare a letto. L'esatto opposto del resto del gruppo, che non riesce nemmeno a cambiare la dannata schermata principale.
Devo essere onesto, oggi non avevo proprio voglia di mettermi a scrivere. Ma mentre mi stavo allenando in palestra, ricevo una foto di una ragazza che conosco solo di vista. Sotto, una didascalia che recita: "Investita questa mattina da un'auto mentre faceva jogging lungo la strada".
Il titolo della mia prima newsletter è stato "Fuga dalla realtà e La Vita è una Puttana". Lo ribadisco ogni fottuto secondo della mia esistenza. La storia di oggi riapre vecchie ferite, mi ricorda ancora una volta che correre mi fa stare bene, mi impedisce di prendere tutto troppo sul serio, e che la vita è un'unica occasione. Questa follia di pensare alle scarpe più giuste, di ossessionarsi con il cronometro, di correre per strada anziché sul marciapiede, tutto ciò significa che il vero spirito di questo meraviglioso sport si è smarrito per strada.
Marilena lascia tre figlie e un marito, e per amore di Dio, non riesco proprio a scrivere altro.
Grazie per mettere sul piatto i tuoi pensieri, i tuoi ragionamenti, ma soprattutto la tua vulnerabilità.
Un abbraccio!
Verio, carissimo Verio, proprio stasera ho pubblicato una storia su IG poco prima di leggere questa tua newsletter. E si cazzo, non so chi mi darà la forza di uscire a correre domani mattina, ma si farà... anche questa!