"Sky The Limit"
.. B.I.G. per sempre #48
Sono passati 47 giorni dall'ultima volta che vi ho scritto. Quarantasette giorni, un’eternità e un battito di ciglia. Nel frattempo le cose sono cambiate, cazzo se sono cambiate. Ma questo spazio è mio, tutto mio, e lo sarà per sempre. Quindi, se non ho scritto, pace. Non c'era niente da dire. E poi, a dirla tutta, non corro dal 30 luglio. Il giorno maledetto in cui mi sono rotto la base del quinto metatarso. Ah, che bellezza.
Quando ho tolto il tutore, ero in ospedale con mia madre. Che scena, cristo. Vederla piangere quando l’ortopedico ha detto che potevamo togliere tutto… forte, davvero. Perché piangeva? Non lo so, non le ho chiesto. Ma immagino sia una di quelle cose che solo chi ha figli può capire. Magari un giorno lo scoprirò, o magari no.
Il pezzo più strano, e in fondo il più interessante, è stata la fisioterapia, anche se non saprei come descriverla.
Vito. Vito è un mago (il mio fisioterapista). Dopo cinque giorni camminavo senza stampelle. Cinque giorni, come in un cazzo di videogioco. Ogni volta che ci vedevamo era come avanzare di livello, sempre più difficile, sempre più doloroso. Ma andavamo avanti.
E oggi? Oggi cammino come se niente fosse mai successo. Il dolore è diventato un bel ricordo, sì, ho scritto “bello”. Perché nella mia vita, io mi affeziono alle cose dolorose. Suona come una stronzata retorica, lo so, ma è così. È dalla sofferenza che esci più forte, o magari più rotto, ma comunque diverso.
Io corro maratone e il dolore fisico è una costante. La differenza la fa la testa. E su questo, senza montarmi troppo, sono duro come un’incudine.
Non basterebbero mille parole per raccontare tutti i dettagli, ogni momento, ogni lezione che ho imparato da questo viaggio all’inferno e ritorno. Ma c’è una cosa che non scordo, nemmeno dopo tutto questo tempo: dopo una delle solite sedute con Vito, forse sarà stata una foto o un video, ma la risposta di mia moglie è rimasta lì, stampata nella mia testa. Mi ha detto: "Io non vedo l'ora di rivederti correre."
C'è qualcosa di assurdo in quella frase, qualcosa di semplice e devastante.
Un supporto del genere, amici, è roba rara. Di quelle cose che incontri una volta nella vita, se sei fortunato. Lei, mia moglie, la cito in ogni maledetta newsletter. Forse avete letto di come mi segue in quasi tutte le gare che faccio. Certo, non è che si fa la fatica di venire alla gara del paesino con la salamella e quattro gatti a guardare. No, quelle le salta volentieri. Ma quando si tratta delle gare vere, quelle lunghe, quelle dove senti il fiato della concorrenza addosso, quelle dove ti giochi qualcosa, lei c'è, sempre. Non manca quasi mai.
Questa settimana è stata un massacro. Ho viaggiato come un dannato, avanti e indietro. Treni, macchina, aerei. E ripeti il tutto per due, tre volte. Un inferno. Ma è così che mi piace. Non riesco a stare fermo, a fare sempre la stessa cosa, giorno dopo giorno. Il bello è che, quando riesci a stare bene con te stesso, tutto scorre più veloce. Sì, questa settimana è stata una di quelle speciali. Perché finalmente ho ripreso a correre.
Dio, quanto mi è mancato.
Lunedì 20’ di corsa lentissima alternata a camminata veloce.
Mercoledì 25’ come sopra.
Venerdì 30’ come sopra.
Com’è andata? Male.
Ma non nel senso che ti aspetti. Fa male tutto, tranne la parte dove mi sono rotto, ovviamente. Ironico, no? È come se il corpo volesse ricordarti che sei ancora fatto di carne, ossa e dolori. Ma il gioco è sempre lo stesso, come quando ho ricominciato a camminare. Gradualmente, i dolori passeranno, uno dopo l’altro. E io riprenderò a correre come prima, macinando chilometri, migliorando i tempi. È sempre così. Il corpo protesta, ma alla fine, se insisti abbastanza, si arrende.
Di questa settimana di corsa c’è una cosa che mi rimane impressa. Mercoledì mattina esco e mi butto su un percorso che conosco poco: 900 metri in salita, 900 in discesa. Un giro talmente ridicolo che l’ho fatto solo una volta in vita mia. Ma oggi non avevo scelta, sono partito dal Box dove mi alleno, e così va. Salgo per il secondo giro, e chissà dove diavolo avevo la testa, magari nei soliti viaggi mentali che la corsa mi regala. Poi, a un certo punto, abbasso lo sguardo e mi fisso sui piedi. Vedo la rotazione della caviglia, l’appoggio del mesopiede, e la strada che scorre sotto di me. Cristo, quasi 70 giorni senza correre e tutto è lì, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Guardo l’orologio. 4’30 al chilometro. In salita. Mi dico: “Cazzo Verio, rallenta, Zio Can!” Mi rimetto a 6’ al chilometro, e capisco una cosa: tutto il corpo sta solo aspettando. Aspettando di tornare. Di fare quello che sa fare. E mi rendo conto che tornerò più forte di prima.
E poi penso a mia moglie. Quando verrà a vedermi alla prossima gara, sarà fiera. Orgogliosa. Perché questo piccolo incidente, alla fine, è stato una cazzata. Rompersi un osso del piede è niente in confronto alle cose davvero brutte della vita. Eppure, eccoci qui.
Adesso non so nemmeno se ho delle foto da infilare in questa maledetta newsletter, e a dirla tutta non me ne frega niente. Voglio solo chiudere gli occhi e svegliarmi quando il comandante di questo aereo farà schiantare le ruote sull’asfalto dell’aeroporto di Bari.
Mia moglie sarà lì a prendermi?
Sì, credo proprio di sì.
Come sempre se siete arrivati fin qui vi dico bravi e soprattutto grazie. Se mi leggete per la prima volta, io sono Verio e questa è “Fuga dalla realtà” una newsletter settimanale, anzi no mensile, anzi facciamo che ci scriverò quando ne ho voglia senza prendere impegni seriosi. Ho creato questa newsletter per parlarvi di corsa in un modo alternativo e magari ispirare qualcuno a cominciare. Per farlo al meglio vi dovrò senz’altro parlarvi di ciò che mi circonda, come mia moglie, il mio cane, la fotografia, i libri, la musica, il cinema, il cibo e anche qualche spettegulez.
Qui sulla pagina About troverete qualche info su di me, qui invece potete seguirmi su Instagram.





forza forza che ci siamo
Tornerai più forte di prima, hai detto. E io, te lo auguro di tutto cuore!!!
Buona ripresa verio!